domenica 11 marzo 2012

Sono lieto di comunicare a tutti gli interessati a partecipare al viaggio/trekking sul Glorioso Rimpatrio dei Valdesi 2012 che il 7 agosto incontreremo al Tempio di Massello il teologo e Pastore Valdese Daniele Garrone.
http://it.wikipedia.org/wiki/Daniele_Garrone

http://www.facoltavaldese.org/it_03_d_garrone.html


martedì 24 gennaio 2012

Valdesi: il Glorioso Rimpatrio dal 4 all'11 agosto 2012


foto di Elettra Pistoni




Da Salbertrand, nella Valsusa dei miei nonni, vi conduco nelle Valli Chisone,
Germanasca e Pellice, cuore del mondo valdese.

di Maurizio Barbagallo

In Val Pellice si è svolta la particolare vicenda del popolo Valdese. La presenza deiValdesi ha determinato in modo fondamentale la storia e l’identità della valle facendoneluogo di battaglie ideali per la libertà di coscienza e conferendole quel carattere pluriconfessionale che la rende unica in Italia. Una storia da scoprire: nel 1686 il duca di Savoia Vittorio Amedeo II, alleato del Re Sole emanò l'editto che vietava il culto valdese nei suoi territori. Dopo l'eccidio che si scatenò, molti sopravvissuti, non accettando di conformarsi alla religione cattolica, ripararono in Svizzera. Nell’agosto 1689, avvenne il Glorioso Rimpatrio: il pastore Arnaud condusse un piccolo esercito di 972 uomini dal lago di Ginevra verso levalli valdesi attraversando la Savoia per 200 chilometri e scavalcando passi oltre i 2.500 metri d'altezza. I Valdesi arrivarono in Val Pellice, a Bobbio, e nella vicina Sibaoud pronunciarono un solenne giuramento.

Sa 4 Salbertrand, 1032m – Montagne Seu, 1771m
2h45 [+739]
Lasciato Salbertrand, luogo di un’importante battaglia del
Glorioso Rimpatrio, saliamo nel Parco del Gran Bosco fino
all'alpeggio (Montagne) Seu. Cena e notte in rifugio del tutto
autonomo dal punto di vista energetico (con pannelli solari,
risparmio energetico).

Do 5 Montagne Seu - Usseaux 1416m 6h [+800, -1200]
Traversata in quota nei Parchi del Gran Bosco e dell’Orsiera-Rocciavrè
(frequente l’incontro con l’aquila) fino alla
Testa dell'Assietta, 2566m e con arrivo in Val Chisone a
Usseaux, ben conservato esempio di architettura rurale.
Cena e notte presso un agriturismo ospitale. Nella cena i
prodotti del loro orto.

Lu 6 Usseaux - Balziglia 1370m 7h30 [+1500, -1350]
La lunga risalita della bellissima conca dell’Albergian, fino
ai 2713m del Colle, ci premia con panorami sempre più
vasti e l’incontro con i camosci, molto provabile. Cena
autogestita e notte al posto tappa del Museo della Balziglia
dedicato al Glorioso Rimpatrio. Siamo ora in Val
Germanasca.

Ma 7 Balziglia - Didiero 1245m 3h [+ 300, – 300]
Tappa riposante dedicata all’incontro con esponenti della
cultura Valdese come il Pastore di Massello. Pranzo
nell'ottimo ristorante di una foresteria. Cena tipica e notte
in agriturismo.

Me 8 Didiero - Ghigo di Prali 1440m 3h30 [+500, -500]
Breve traversata nella vallata successiva con visita
all'interessante Miniera di Talco: scendiamo nel cuore della
terra con i carrelli un tempo utilizzati per il trasporto del
minerale. Nel pomeriggio raggiungiamo Ghigo di Prali con
possibilità di fare il bagno in qualche pozza del torrente. Il
posto tappa è presso un piccolo albergo.

Gi 9 Ghigo di Prali - Rifugio Lago Verde 2583m
3h30h [+1150]
Il rifugio è circondato da vette che sfiorano i 3000m al
confine con la regione francese del Queyras. Per chi ha
ancora energie possiamo salire fino ad un bivacco, visitato
dagli stambecchi, con vista sul Monviso. Il rifugio è
ottimamente gestito da una coppia di giovani che
preparano cene abbondanti e squisite.

Ve 10 Rif. Lago Verde - Villanova 1225m - Bobbio Pellice
7h [+450, -1600]
Lunga traversata in quota con ampi panorami sulle Valli
Germanasca e Pellice passando per il Colletto della Gran
Guglia 2790m. Da Villanova a Bobbio in pulmino. Cena e
notte nei locali della ex Scuola rurale. Cena con prodotti
dell’agriturismo.

Sa 11 Bobbio Pellice - Torre Pellice
Con il bus di linea raggiungiamo Torre Pellice per una visita
guidata al Museo Valdese, al Tempio e all'Aula del Sinodo e
alla libreria Claudiana.

Inizio sa 4 alle ore 14,30 a Torino alla Stazione di Porta
Nuova (binario 10), puntuali per prendere il treno per
Salbertrand.  www.trenitalia.it. Per chi arriva in auto lasciare
l’auto a Torre Pellice al parcheggio della stazione gratuito e
raggiungere Torino in treno.

Fine sa 11 ore 13 a Torre Pellice: treno o bus sostitutivo per
Torino su www.trenitalia.it.
Cammino si cammina su strade forestali, mulattiere e
sentieri anche con qualche tratto ripido sia in salita che in
discesa ma senza particolari difficoltà tecniche.

Notti: rifugi, agriturismi, albergo.

Pasti: pranzi al sacco (salvo uno, in trattoria): a volte è
possibile fare la spesa nei negozi di alimentari a volte ci
possiamo far preparare picnic nelle strutture. Cene e
colazioni nelle strutture ricettive. Sapori tipici: antipasti tipici
piemontesi, burro e formaggio di alpeggio.

Cosa portare: scarponcini da trekking, saccolenzuolo, torcia,
borraccia, mantella per la pioggia. La lista completa è fornita
all'iscrizione.

Difficoltà: 3 su 4. Si tratta di un viaggio itinerante con zaino
sulle spalle. Utile prepararsi con un po’ di allenamento ai
dislivelli indicati.

Quota: € 195 da versare all'associazione. Iscrizione annuale
a TraTerraeCielo € 26 (comprende assicurazione). Spese
previste: € 350. Da portare con sé per mangiare e dormire.
Sono calcolate accuratamente, tuttavia suscettibili di piccole
variazioni in più o meno legate a variazione prezzi ed al
comportamento del gruppo.

Note: il percorso e gli alloggi possono subire modifiche, in
base alle condizioni atmosferiche o alle necessità del momento.


Versamenti possono essere effettuati sui conti intestati a Tra Terra e Cielo, Via di Chiatri 865/c, C.P. 1 55054 Bozzano (LU).
• c/c postale n°12893558 (IBAN IT03 A076 0113 7000 0001 2893 558, solo per bonifico)
• c/c bancario n°100256 Banca della Versilia e della Lunigiana, Ag di Viareggio (IBAN IT61 K087 2624 8000 0000 0100 256)
LE VIE DEI CANTI Tel. 0583 356177 /82 ore 9-13 e 14-18, 331-9165832 info@viedeicanti.it

Il trekking sul Glorioso Rimpatrio 2008


foto Elettra Pistoni


Il rimpatrio dei “grulli”


 

Da Salbertrand a Torre Pellice sulle orme del Glorieuse Rentrèe



  Ci sono momenti nella vita in cui un uomo si fa delle domande ed è tenuto a darsi delle risposte. Da troppo tempo, recandomi a lavoro, passavo davanti ad un cortile nel quale stazionava un cane con una catena al collo: “poveraccio – pensavo tra me e me - che vita da cane!”, per l’appunto. Appena svoltato l’angolo però nasceva spontaneo un paragone tra la condizione della povera bestiola e la mia: schiavo alla stessa maniera e forse di più, perché consapevole della faccenda. La cosa che però mi spinse a riconsiderare tutta la mia vita fu una in particolare: il carnet da dieci caffé (di cui uno in omaggio) del bar “My Chef” della stazione di Milano Lambrate. Non c’è niente di più angosciante, ve l’assicuro, del possedere un abbonamento di questo tipo. Certo ci sono quelli della metrò, del treno o del parcheggio per l’auto. Ma quello del caffé, in una stazione ferroviaria, luogo di partenza per elezione, è qualcosa che ti segna dentro e che non può passare sotto silenzio. Condannato fino ad esaurimento dei talloncini ad affacciarmi a questo bancone, sgomitando nella ressa, senza poter nemmeno ordinare qualcosa di diverso dal caffé.  E così, in una giornata di inizio luglio, decisi di cambiare la mia vita, ed il tutto avvenne con un gesto simbolico ed eclatante: presi il carnet, acquistato il giorno  prima, lo strappai con insolita calma in mille pezzi e lo dispersi fuori dal finestrino del treno che correva verso Treviglio, sbattendomene allegramente dei risvolti poco ecologisti dell’atto.

 

Qualche giorno dopo, con la consapevolezza di aver dato una svolta alla mia vita (vi piacerebbe saperne di più immagino: pazientate, la soluzione alla prossima puntata) cominciai a pensare alle ferie d’agosto. Il pensiero corse subito all’estate scorsa, alla Corsica e ancor più alla Val Maira: “chissà se si riesce a rimettere insieme il gruppo dell’anno passato? Sarebbe proprio una bella rimpatriata!”. E così in una stanca giornata di lavoro cominciai a gironzolare su internet per vedere se  non ci fosse qualcosa di interessante: le proposte che si susseguivano parlavano di Thailandia, di Perù, di Nepal, di Patagonia. Viaggi avventurosi ai confini del mondo, vette che sfidano il cielo, oceani abissali, deserti sterminati.  Niente tuttavia che potesse reggere il confronto con la Val Pellice! Ebbene sì, tra tanto “naufragar”, mi imbattei nella proposta del “Glorioso Rimpatrio”: otto giorni seguendo le tracce e le gesta della comunità valdese che sul finire del ‘600 fece ritorno dalla Svizzera nei luoghi nativi sfidando le ire (e ancor più le fucilate) dei regnanti di casa Savoia. La guida del trekking sarebbe stata, come per la Val Maira, Maurizio. A questo punto non mancava che contattare gli amici dell’anno passato. Alessandro da Firenze, detto Pigna, accettò subito. Diego di Mantova anche. Il Profeta, non fu rintracciabile, essendosene perse le tracce a Masi-Manimba nel Congo: pare che lo scopo del suo viaggio fosse una missione pastorale tra le tribù bantu della regione del basso corso del fiume Wamba (resta ancora qualche piccolo dubbio su chi abbia pagato le spese di viaggio). Stefano, detto Alzheimer, decise al contrario di iscriversi ad un viaggio Zeppelin per trovar moglie.  Valerio di Roma bloccò il posto e si riservò di versare la quota d’iscrizione nei giorni successivi. E così verso la metà di luglio avemmo la certezza che il gruppo dell’anno passato, almeno in parte, si era ricostituito: la rimpatriata dei “grulli” non era più un miraggio.

Ai primi d’agosto Maurizio mi contatta telefonicamente sul cellulare per le ultime raccomandazioni. La conversazione dura pochissimi minuti, al contrario di quella dell’anno passato. Inizialmente motivo la differenza con il fatto che l’altra volta mi chiamò sul fisso (da poco ho cambiato numero e non l’ho comunicato). Riflettendoci bene  però e sapendo che gli aspetti veniali della vita non sfiorano nemmeno lontanamente Maurizio, mi convinco del fatto che abbia dato tante cose per scontate sapendomi ormai un viaggiatore provetto.

Dopo qualche giorno Valerio mi comunica che non sarà del gruppo: non se la sente di partire: ha ancora “troppi pensieri per la testa”. Io più che dargli qualche suggerimento catartico, tipo quello della liberazione dal carnet non posso fare, e dunque pur dispiaciuto, accetto la sua decisione senza insistere.

Nel primo pomeriggio di sabato 9 agosto ci ritroviamo tutti alla stazione di Torino. La prima cosa che mi dice Maurizio appena mi vede e ancor prima di salutarmi è: “tu mi devi 20 euri”. “Ma dai Maurizio - replico ironicamente - vuoi sempre soldi. Guarda che me li sono portati contati sta volta!”.   Quasi contemporaneamente giunge il solito sms di Valerio: “Aho sei arrivato? La domanda di rito è: come butta a gnocca? Quante orme daresti alle donne del trek?”. Al che, per non deprimerlo ulteriormente e soprattutto per non farlo rammaricare di non essere dei nostri rispondo: “è na traggedia: quasi quasi risalgo sul treno e me ne torno a Milano!”. In realtà il gruppo non è affatto male, ed anzi vi sono alcune individualità di notevole spessore, tali da far immaginare una settimana all’insegna non solo di risate becere e goliardiche, ma anche di conquiste sentimentali (o presunte tali).

Da Torino prendiamo un orrendo trenaccio locale che fermando in tutte le stazioni ci conduce a Salbertrand. Una breve visita alla ridente cittadina e poi subito su verso il nostro primo posto tappa. Due ore di cammino e 700 metri di dislivello in salita sono il primo assaggio di ciò che ci attenderà nei prossimi giorni. Nel tardo pomeriggio giungiamo speditamente in località Montagne Seu a quota 1.771 metri. Questa notte dormiremo presso il rifugio Daniele Arlaud.

A cena cominciamo a conoscerci. Tra di noi, a parte il gruppo dei “grulli” della Val Maira ci sono anche due ragazzi di Roma, Elettra e Alessandro; Renato viene da Bergamo; David da Siena, Piero da Firenze. Ci sono poi Luca, Roberta dall’Emilia. E ancora Silvia e poi Alessandro da Rovereto. Insomma siamo un bel gruppo di 15 persone che provengono da diverse località del centro - nord. Le pietanze che arrivano in tavola non sono il massimo (due canederli due – di numero; tre wuster abbrustoliti e una manciata di patate al forno semi-crude), ma in fondo sul programma c’era scritto che il viaggio era “avventuroso” e dunque nessuno si lamenta. Prima di ritirarci Maurizio comincia la lettura del Diario di Henri Arnaud, pastore e leader valdese, vera anima del rimpatrio. E' sicuramente una buona idea quella di leggere i passi del libro che si riferiscono ai luoghi in cui transitiamo. A maggior lode per la nostra guida, inoltre, c'è il fatto che il tomo è di dimensioni ragguardevoli (non meno di due-tre kg.) e sicuramente il suo peso si sente su per le salite (Dio solo sà quante volte il nostro nei giorni a venire penserà di disfarsene all'insaputa del gruppo: se solo non ci si fosse affezionati tanto alla lettura serale...!).  La sistemazione per la notte avviene in due locali con ampia possibilità di scelta dei letti: sarà la prima e unica volta che ci accadrà. Renato dichiara subito di essere un forte russatore, ma nessuno gli dà credito (presto ci ricrederemo). Altri affetti dallo stessa "malattia" non si disvelano. La notte comunque passerà pressoché insonne dalla gran parte del gruppo. Al mattino a colazione infatti tutti dichiarano la difficoltà incontrata a prendere sonno. Ci si accusa un po’ tutti reciprocamente, ma la dichiarazione più buffa appartiene al Pigna che parla del suo compagno di letto a castello: “sì sì, anche lui russava, ma bastava che dondolassi un po’ il letto e lui smetteva”. Al che Luca stizzito risponde: “mo va beh, tu dondolavi, ma io ero sveglio! Non ero mica io che russavo!”. Insomma non se ne esce.

In breve siamo pronti per partire. Oggi si arriva a Usseaux: 6 ore di cammino per 800 metri di dislivello in salita e 1.200 in discesa.

La marcia sul sentiero è decisamente gradevole e si sviluppa attraverso abetaie fitte e rigogliose. Maurizio comincia a descrivere con dovizia di particolari (anche troppa) le piante che incontriamo, ma in breve dal gruppo emerge Luca, esperto botanico, che spesso interviene per aggiungere dotte spiegazioni. A mano a mano che proseguiamo è chiaro che questi ne sa molte di più della nostra guida. Quando Maurizio, cercando di fare lo spiritoso, ci  mostra una piantina di timo dicendo “se a te ti garba una tipa, ti avvicini con questa e le dici: timo”, il gruppo perde definitivamente fiducia in lui ed il botanico, detto Ciccio-Botanico per la leggera pletora che lo caratterizza, viene eletto a consulente ufficiale del gruppo.

Dopo aver pranzato sul colle dell’Assietta (2.567), ai piedi del monumento che ricorda la battaglia combattuta dai granatieri di Sardegna contro i francesi nel 1747, comincia la discesa. Durante il tragitto ci imbattiamo in un meraviglioso ruscello di montagna, al cospetto del quale non si può passare indifferenti. Buttati a terra gli zaini, infatti, ci dirigiamo verso le sue fresche acque per alleviare un po’ della fatica e del caldo accumulato. Alessandro da Rovereto individua subito una pozza e spostando alcuni massi si crea in breve un’ampia piscina naturale. Il Pigna, vedendolo armeggiare in maniera concitata, esclama: “va che cignale….! (cinghiale in dialetto fiorentino) Ora gli manca solo di rotolarsi nella merda!”.

Nel frattempo Elettra ci si è avvicinata ed ascolta con interesse i racconti che il Pigna fa dei suoi viaggi in Tanzania e degli orfanotrofi che ha visitato in quei luoghi. La ragazza è evidentemente rapita da tale affabulatore, e non si perde neanche una parola. Il Pigna se ne accorge ed ancor di più dà colore ai propri ricordi. Ma improvvisamente compare alle nostre spalle Maurizio il quale, cogliendo l’occasione di una piccola pausa nel racconto, gli spara una domanda assassina: “hai già pronta la camera per la bimba?”. “Quale bimba – chiede Elettra – stai per diventare padre? Non me l’avevi detto!”. Il Pigna digrignando i denti verso Maurizio risponde: “eh sì, a gennaio sarò babbo!”. Elettra si allontana quasi subito.

Nel pomeriggio, dopo una breve e doverosa pausa birra a Cerogne,  arriviamo a Usseaux (1.416). Questa notte alloggeremo presso il posto tappa del falegname locale.

Dopo esserci sistemati ci ritroviamo in veranda in attesa della cena. Quella vecchia spugna di Diego avvicinandosi mi sussurra: "il gestore sarebbe disposto ad offrirci da bere!". "Questa sì che è una buona notizia - dico io rivolto al gruppo - che ne dite di fare un aperitivi?". La domanda appare quasi retorica, tanti e tali sono gli "intenditori" del gruppo. Il falegname ci porta un bel litro di rosso e nessuno si tira indietro. Renato intanto ha cominciato a raccontare dei suoi incredibili viaggi e delle difficoltà che si incontrano soprattutto in luoghi desertici dove scarseggia l'acqua. La cosa che più lo impensierisce però è una: restare senza carta igienica. "Sarebbe proprio un bel guaio - afferma - non saprei proprio come risolvere la situazione: per fortuna che non mi è mai capitato!". Io ascolto rapito il ragionamento e dando fondo a tutte le competenze acquisite in anni di trekking avventurosi gli fornisco la soluzione: "caro Renato, che problemi ti fai? Dobbiamo sempre prendere esempio dalla natura: in caso si restasse senza carta igienica la soluzione migliore è fare come fanno i cani: strisciare il culo in terra!".

A tavola ci sono con noi dei ragazzi tedeschi ed il Cigna dà sfoggio della padronanza della lingua. I nostri commensali vogliono sapere qualche informazione sui sentieri e sulla storia valdese e Maurizio è felicissimo di poter essere loro utile: non gli pare vero che qualcuno gli possa ancora rivolgere delle domande!

Dopo cena ci intratteniamo ancora in veranda. Ad Alessandro da Roma improvvisamente sfugge il bicchiere di mano e pezzi di vetro volano ovunque, mentre una pozza di vino si allarga sul pavimento. Afferrando Il Foglio del Cigna che si trova sul tavolo accorro in aiuto : "dai, tampona con questo: come carta assorbente è il massimo! E' l'ideale per questo genere d'inconvenienti. Poi però non buttarla: potrebbe sempre servire a Renato!". Nel frattempo ci ha raggiunto il falegname il quale, guardando Alessandro intento a ripulire il pavimento, esclama apoditticamente: "cos'è successo: sei di nuovo ubriaco?". Alessandro lo guarda interdetto e replica: "di nuovo in che senso, scusi?". "Ma sì dai - aggiunge il falegname - scommetto che sei stato tu poco fa a rompere l'altro bicchiere!". "Guardi che si sbaglia, non sono mai stato così sobrio!". "Vabbè, comunque adesso mi tocca lavare il pavimento! Ora stai bel tranquillo: siediti e non bere più!".

Prima di andare a dormire facciamo un giro per il paese: in pochi minuti, date le piccole dimensioni dell'abitato, ci ritroviamo nella piazzetta dove c'è l'unico bar. "Cosa prendiamo da bere? - dice Alessandro - Mi andrebbe un digestivo: ecco, se ci fosse un Braulio sarebbe il massimo". Io appoggio la proposta con grande entusiasmo. Gli altri presenti restono sorpresi. E' davvero incredibile quanto poco sia conosciuto e dunque apprezzato il nostro miglior amaro! Quando si dice l'ingiustizia del mondo! Il barista, rammaricato, ci dice che non ha il Braulio e quindi siamo costretti a ripiegare su un mediocre distillato alle erbe. Alla spicciolata tutti quanti si ritirano nei propri "appartamenti". Restiamo al tavolino solo Elettra ed io, parlando un po' di noi, del gruppo e delle impressioni maturate fino ad ora sul trekking. Elettra è una bella ragazza di Roma ed è incredibilmente intelligente: la classica persona che dice le cose giuste al momento giusto. Si muove con grazia e lentezza e quando ascolta qualcuno lo guarda dritto negli occhi aggrottando le sopracciaglia, tanto che mi troverò spesso a doverle dire: "non mi guardare così, ti prego, mi intimorisci!". Ha una vera passione - che spesso focia nella mania - per la fotografia ed è capace di assumere posizioni da contorsionista pur di immortalare una scena particolare. Se si fissa su un soggetto poi, lo fotografa da ogni punto cardinale, suscitando a volte imbarazzo, ma più spesso compiacimento: in fondo a chi non piacerebbe essere al centro dell'attenzione (il Pigna ad esempio, nei giorni a seguire mi dirà con orgoglio e sarcasmo: "Elettra mi ha dedicato un intero servizio! A te due sole foto, mi pare!"). E' bello stare all'aria aperta sotto le stelle, accarezzati dal vento fresco della notte. Purtroppo però siamo richiamati al dovere: domani la sveglia è puntata alle h. 5.45, ci attende la tappa più lunga del viaggio (7.30 ore di cammino per 1.500 metri di dislivello in salita e 1.200 in discesa).

Quando ci leviamo è ancora buio, ed i nostri movimenti sono estremamente rallentati, così come soffuse sono le nostre voci. Quando vado per lavarmi i denti mi accorgo di aver lasciato il doccia-schiuma in bagno la sera prima. Mi dò subito del "coglione" e solo per scrupolo vado a cercarlo: ovviamente lo ritrovo vuoto e con un gentilissimo bigliettino: "grazie".

Dopo colazione ci mettiamo in marcia. Superato un ponte comincia la salita, dolce e lunghissima. Dapprima all'ombra di un fitto bosco di abeti e larici ed in seguito, man mano che saliamo, lungo pascoli e praterie d'alta quota. In prossimità dello scollinamento a 2.800 metri una fitta nebbia avvolge tutto ed improvvisamente la temperatura precipita. Siamo dunque costretti a coprirci con pile e giacche a vento. Solo Diego procede imperturbabile in t-shirt (che stia dando fondo alle proprie riserve etiliche?). Il tempo sta cambiando rapidamente, e Maurizio suggerisce di mangiare un boccone alla svelta e di rimettersi subito in marcia per la discesa. Il pranzo è quanto di più frugale abbia mai visto in vita mia: due stoppose fettine di pane con un cubetto di toma. In questo frangente si assisterà a scene da vita sub-urbana, come quella del rovistare tra i rifiuti in cerca di un pezzo di formaggio avanzato o di un tozzo di pane sdegnosamente rifiutato. Prima di ripartire Maurizio applica al ginocchio dolorante di Roberta uno dei suoi rinomati intrugli omeopatici e le stringe con una fascia elestica la gamba. Assistendo alla medicazione nasce spontanea una discussione: qualcuno ironizza sull'efficacia di queste pozioni (tipo i semi di pompelmo), altri sostengono che in fondo male non fanno. "Basta, basta discutere - dice Maurizio - Ora ci si divide lo zaino della Roberta, così l'alleggeriamo per la discesa". Sono tutti d'accordo e a gara ci si precipita a prender sù gli oggetti e le sacche più pesanti, nonostante il rifiuto iniziale della nostra amica. Ha sempre un colore particolare la generosità in montagna.

Durante la marcia, nel fitto della nebbia e sotto una pioggia che si va intensificando sempre più, ci imbattiamo in tre figure: sono tre nostri associati di Pinerolo, due dei quali guide. Hanno risalito il versante opposto al nostro e ci condurranno incolumi a valle. Questo incontro c'era stato preannunciato da Maurizio nei giorni scorsi, ma al momento nessuno se ne ricordava. Le condizioni meteo precipitano: in breve ci troviamo avvolti da una bufera. Scendiamo a gran velocità giù dai pendii e ci fermiamo esclusivamente per ricompattare il gruppo. Le rare volte infatti che le guide locali fermano la marcia per dare qualche spiegazione paesaggistica, rischiano di essere superati dal gruppo a cui in questo momento non interessa altro che mettersi al riparo. Siamo completamente fradici, nonostante le giacche e le mantelline per la pioggia. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Balziglia e siamo sfiniti.

Questa notte alloggeremo nella casa - scuola valdese. I letti disponibili non sono sufficienti per tutti, complice anche la presenza di due ragazzi finlandesi che non avevano prenotato in anticipo. Mandarli via non sarebbe per niente elegante e dunque ci ingegniamo per trovare una sistemazione alternativa. Dopo aver vagliato tutte le possibili soluzioni, decidiamo che la migliore è quella di dormire nel museo commemorativo adiacente alla scuola. Spostando alcuni materassi in soprannumero, trasformiamo il museo in una accogliente camera da letto, nella quale i plastici, le aste delle bandiere e le vetrine diventano degli ottimi ripiani ed appigli per stendre mutande, calzini e tutto quanto si è inzuppato sotto la pioggia. Certo la scena agli occhi di un eventuale visitatore sarebbe decisamente surreale, ma purtroppo non possiamo fare altrimenti. Per un momento poi sembra che anche i materassi non siano sufficienti: "Ehi Diego - dice Maurizio - che ne dici se dormissimo per terra, magari con una coperta?". Diego resta per un attimo senza parole, poi farfuglia: "beh, insomma, io soffrirei un po' di mal di schiena....! Almeno una seconda coperto per coprirsi?". "Ma scherzi - replica Maurizio - ci mancherebbe!". Alla fine per fortuna saltano fuori anche gli ultimi due materassi e la faccenda si conclude nel migliore dei modi.

La cena di questa sera ci viene recapitata da una dolcissima signora valdese che parla un po' come Tremonti e che abita poco distante da qui: un marmittone di minestra e delle bistecche di roast-beef. Dato però che i nostri appetiti sono quasi feroci decidiamo di cucinarci anche il pacco da tre kg. di spaghetti che fa bella mostra  di se in cima ad una mensola della cucina. Per un attimo si sfiora la rissa sul fatto di infilare o meno nel sugo di condimento anche una scatola di piselli. A chiudere la serata una bottiglia di profumatissimo genepì, generosamente offerto dalla valdese. Tutti a nanna.

La mattina succesiva ci si alza senza sveglia: dopo una tappa così impegnativa, ci riposiamo con una decisamente più soft. Quando apro gli occhi la prima cosa che vedo sono i ritratti di due barboni che mi scrutano con severità: sono Arnaud e Gianavello, i condottieri valdesi, evidentemente incazzati con il nostro attendamento tra i cimeli del Glorieuse Rentrèe.

Dopo la colazione stancamente ci rimettiamo in cammino. Maurizio ad un bivio si ferma e dice: "dunque, abbiamo due alternative, o si va su per questo sterrato tra il bosco per 600 metri in salita; oppure si discende giù dolcemente verso Sanza". Il Pigna sottovoce butta lì "ma te se grullo....", e si incammina verso valle. Il resto del gruppo lo segue senza minimamente prendere in considerazione la salita. E così, con estrema lentezza, ci inoltriamo lungo una strada secondaria che attraversa diversi paesini del fondo valle. A Massello incrociamo nuovamente la signora che ci ha portato il cibo la sera prima. Ci fermiamo a discutere con lei e l'occasione è propizia per farle alcune domande sulla sua fede valdese. Renato è curiosissimo e le spara domande a raffica. La signora ci conduce anche alla casa del tempio per una breve visita. Qualcuno, pur di fare bella figura davanti a tutti, mente spudoratamente dichiarando di aver dato l'8x1000 alla chiesa Valdese: naturalmente nessuno gli crede!

Oramai è quasi ora di pranzo e, sebbene il cammino percorso oggi sia da 1/2 orma scarsa, decidiamo di concederci un pranzo con tutti i crismi. A poco meno di un km. ci fermiamo ad una foresteria di gran lusso e ci facciamo servire agnolotti al pomodoro, un tagliere di affettati e formaggi vari, vino, torta e caffè. Del Braulio nessuna traccia neanche da queste parti! Prima di ripartire qualcuno si regala anche una lussiosissima partita a calcio-balilla.

Una breve marcia pomeridiana ci conduce lentamente a Didiero di Salza, dove a dar retta a Maurizio ci attende un agriturismo. In realtà la nostra guida non è mai stata da queste parti e il luogo in cui dormiremo stanotte è una stanzuccia di 3 metri per 3. Quando siamo tutti dentro non ci si riesce nemmeno a muovere. Ogni movimento deve essere coordinato allo spasimo, altrimenti ci si infligge terribili gomitate e ginocchiate forse non del tutto involontarie.  Un claustrofobico avrebbe seri problemi a restare qui dentro. Ovviamente il bagno è unico e per lavarci tutti ci mettiamo un tempo infinito. Fortunatamente però non abbiamo fretta. A sera ci troviamo per cena tutti belli e puliti: sono gli ultimi momenti in cui possiamo sfoggiare un abbigliamento decoroso: da domani si comincerà a utilizzare a rotazione la roba usata nei giorni precendenti!

A tavola si instaura una discussione socio-politica dai toni anche accesi. Si discute del tema della sicurezza e spontaneamente emergono le posizioni del gruppo: chi più di destra chi di sinistra. In questa occasione rifletto su un aspetto linguistico del dialetto romano: Elettra, seduta accanto a me, spesso usa l'espressione "eh certo" mentre ascolta qualcuno che parla, mentre altre volte dice "enfatti". In entrambe i casi è d'accordo con la persona che sta parlando, ma mentre nel primo caso il coinvolgimento è quasi totale, vale a dire una concordanza assoluta con la tesi esposta, nel secondo caso appare un minor coinvolgimento: come a dire "sono d'accordo, ma mica tanto, e comunque la cosa non mi interessa granchè!". E' un po' come la differenza insita tra "mei cojoni" e "sti cazzi": nel primo caso espressione di profondo apprezzamento; nel secondo di totale disinteresse. Meraviglioso.

Nel frattempo ha ricominciato a piovere a dirotto. Tutti a dormire.

Al mattino il cielo si è rasserenato ed il sole ancora basso illumina con luce dorata tutta la vallata.  L'unico rumore che si ode, a parte il nostro vociare, è lo scrosciare del ruscello poco distante dal nostro "agriturismo". Questa valle è davvero immersa in un silenzio irreale. Appena pronti ci si muove alla volta delle miniere di talco di Salza, subito al di là del versante. Durante la marcia si parla tra gli altri con Piero. Ad un certo punto gli chiedo in che zona di Firenze abita. Al che mi risponde: "ma guarda, penso che non si abiti poi così distanti!". A sto punto mi rendo conto che il nostro compagno mi ha scambiato per fiorentino: in effetti, di tanto in tanto in questi giorni, ho buttato lì qualche espressione in toscano (o simil-toscano), coadiuvato dal Pigna. I dialetti ed i vernacoli sono la mia passione, lo ammetto. E così, avendo ricevuto l'imprimatur da un fiorentino doc, prendo una decisione storica: muterò il mio nome e la mia residenza. Tra breve sarò Yanez Novelli Cioni, da Lamporecchio.

Alle 11.00 giungiamo alle miniere, giusto in tempo per prendere parte alla visita guidata. Ovviamente la parte che visiteremo non è più attiva, ma comunque lo staff ci fornisce elmetti protettivi contro eventuali cadute massi o colpi accidentali contro le pareti. Per mezzo di un trenino elettrico raggiungiamo la zona attrezzata per il tour e cominciamo ad esplorare gli ambienti. Il freddo è notevole quaggiù, ma la visita è davvero interessante. Grazie al fatto di aver letto Germinal di Emil Zola, sparo una decina di domande una più precisa e puntuale dell'altra, facendo un figurone straordinario. Qualcuno accenna anche un applauso. Quando poi il nostro accompagnatore chiede se c'è un volontario per un esperimento, mi scaravento tra la folla come un parà della folgore: "ecchice, pronti". L'esperimento consiste nell'impugnare una trivella da 50 kg. e forare una parete rocciosa. Prima di accingermi al compito lascio la fotocamera ad Elettra e le chiedo di non perdersi il momento clou. La sensazione è davvero tremenda: la potenza di quello strumento infernale è agghiacciante, tale da sconquassare ogni parte delle membra e da dare una bella frullatina al cervello. Fortunatamente l'esperimento dura una manciata di secondi, altrimenti dopo l'Alzheimer della Val Maira avremmo avuto anche quello della Val Pellice. Tornando verso Elettra le chiedo: "allora, hai fatto la foto? Come sono venuto?". "No, guarda, c'era troppo rumore - risponde - non riuscivo neanche a tenere gli occhi aperti". "Ma porca putt......- mi scappa detto - come sarebbe a dire? Ma non potevi darla ad un altro? Scusa Maurizio, adesso si torna un secondo indietro, e si rifà il tutto!". I compagni però sono già tutti pronti ad uscire e si stanno sistemando sul trenino. Vatti a fidare delle donne!

Dopo una lunghissima pausa pranzo causata dall'eccessiva folla al bar-trattoria della miniera, ci dirigiamo alla volta di Ghigo di Prali. Nel fitto del bosco incrociamo uno splendido torrente. Ancora una pausa di un'ora in cui il Cigna non perde l'occasione per farsi un altro tuffetto. Maurizio nel frattempo cerca di scalare una parete, ma vi rinuncia quasi subito. Altri si distendono al sole.

Nel tardo pomeriggio raggiungiamo la nostra meta, un paese di fondo valle, decisamente grande al confronto di quelli che ci hanno ospitato fino ad ora. Le sistemazioni sono molto confortevoli e gli "spazi vitali" delle camere sono tali da farci quasi sentire un senso di lontananza con i compagni di viaggio. Questa sera a cena sono nostri ospiti i tre ragazzi che abbiamo incontrato sui monti di Balziglia. Uno di questi mi confessa di aver letto il racconto della Val Maira per farsi un'idea di Maurizio. "E quindi - dico io - che opinione ti sei fatto?". "Ma guarda - mi risponde - leggendo dei giochi che vi fa fare, dell'ohm tibetano ed altro, ho avuto un po' di timore!". "Ascolta - gli rispondo - se è solo di questo che eri preoccupato, sei a posto: non fa più niente di tutto ciò! Gliel'hanno proibito!". La serata prosegue allegramente tra aneddoti e ricordi di trekking precedenti ed in breve si fa notte. E mentre lentamente ognuno si congeda, Maurizio ed io accompagnamo alla macchina i nostri amici di Pinerolo e ci ripromettiamo di trovarci ancora su qualche sentiero.  

Giovedì 14 agosto lasciamo Ghigo di Prali e ci accingiamo ad intraprendere la salita verso il rifugio del Lago Azzurro, appena sotto il confine francese. La prima parte del percorso si sviluppa all'interno di una fitta boscaglia in cui il sentiero è appena individuabile: un machete sarebbe stato senza dubbio utile. Su un crinale Renato lancia l'allarme: "Ho lasciato la borsa con soldi, cellulare e documenti a Ghigo!". Maurizio, con grande competenza, contatta l'albergo in cui abbiamo pernottato ed in breve risolve la faccenda: il tutto verrà spedito a Bergamo a casa del nostro compagno. E' rassicurante sapere di essere in buone mani, sempre e comunque.....!

La salita dura quasi 4 h. per un dislivello di oltre 1.000 metri. La fatica è tanta anche perchè, a differenza delle volte precedenti, si procede su sentieri che si inerpicano con strappi violenti. Fortunatamente non fa caldo: sebbene infatti il cielo sia sereno, il vento è freddo e non è consigliabile fermarsi, se non per brevi attimi, giusto per riprendere un po' fiato. Improvvisamente, dopo l'ennesimo dosso, si staglia davanti a noi un'asta sulla quale sveltolano tre bandiere: quella italiana, quella con la croce occitana e quella tibetana. Siamo ormai in dirittura d'arrivo.

Il rifugio troneggia tra le vette a quota 2.583 metri ed è adagiato su un pianoro ai bordi del lago omonimo. E' in fase di allargamento e ristrutturazione, dopo che una frana, staccatasi dal crinale alle sue spalle, lo ha investito parzialmente. Sicuramente è una bella struttura inserita in un contesto quasi fiabesco.

Il nostro arrivo coincide, guarda caso, con l'ora di pranzo. Ci sono già degli avventori ai tavoli, ma il nostro ingresso, in gran numero ed affardellati, mette un po' tutto l'ambiente in subbuglio. Maurizio ed io spostiamo un tavolo per unirlo ad altri due, ma veniamo redarguiti dal gestore, quasi in preda ad una crisi isterica. Ed io che pensavo che la tranquillità interiore fosse il compenso spettante a chi si trova a gestire luoghi come questo! La collega dello stressato in compenso è molto gentile ed il cibo è buono. Soprattutto i dolci: la torta al cioccolato e quella ai pinoli sono sublimi. Nel pomeriggio, dopo esserci sistemati nelle camerate, ci godiamo un meritato relax: chi gioca a carte, chi guarda riviste (rigorosamente di montagna), chi chiacchiera stancamente. Silvia e Roberta si esercitano sotto la bandiera tibetana con la pratica del tai - chi; Elettra ed il Pigna invece ingaggiano una partita a scacchi all'ultimo sangue. Quando li raggiungo il Pigna è in una situazione disperata: ha perso quasi tutti i pezzi e difende il re con pochi pedoni. Sono entrambi alle prime armi: le regole del gioco infatti  gliel'ha insegnate un pargolo che si trova qui con i genitori. Mi basta un'occhiata per capire che con una mossa la partita è chiusa. Ma Elettra non ne vuole sapere: vuole vincere da se, testarda ed orgogliosa come sempre. Anche Alessandro da Rovereto assiste alla partita e di tanto in tanto dà qualche suggerimento, per lo più ad Elettra, suscitando le ire del Pigna che lo manda platealmente a quel paese. La partita si concluderà dopo più di un'ora, soprattutto per lo sfinimento di entrambi i concorrenti. E la vittoria, ovviamente, sarà di Elettrà.

A cena ordiniamo tutti minestra, salvo il Ciccio-Botanico che preferisce ancora la pasta. Non appena i piatti arrivano in tavola, suggerisco al Pigna di fare un scherzo al nostro amico. "Chi ha preso la pasta?" - dice la cameriera. "Per me, grazie!" - risponde il Pigna. "Come sarebbe a dire? -protesta il Botanico - guarda che l'ho presa io la pasta! Tu hai ordinato minestra!". "Ma non dire bischerate, vai! - replica il Pigna - Anzi se c'è qualcuno che ne vuole un po'!". Tutti ridono avendo capito lo scherzo, anche il Botanico, ma per un momento la scena mi ricorda i tempi delle elementari, quando capitava che i ragazzini più perfidi rubassero la merenda a quelli più indifesi.

Prima di andare a letto Renato, Elettra, Pigna ed io mettiamo su una mano di poker. Renato accetta al solo patto di non giocare quattrini. Molti sono già a dormire e non si può fare chiasso. Anche sta volta Elettra non sa le regole e dunque siamo costretti ad insegnargliele. In più fa confusione con i mazzi di carte e siamo obbligati a ricontarle più di una volta. Dopo poche mani, complice una fortuna sfacciata ed un paio di bluff da gran maestro, il Pigna ci ripulisce tutti. Come scusante per i perdenti il fatto che la partita non potesse essere considerata regolare: non s'è mai visto un poker in cui non si giocano soldi, non si bene whisky fumando un sigaro e soprattutto non ci si urli dietro improperi da cantina sociale!

Prima di ritirarci il Pigna ed io fumiamo un ultimo cicchino fuori dal rifugio, ma al momento di rientrare ci accorgiamo che la porta si è chiusa dietro di noi e non si riesce ad aprire. Spira un vento freddissimo e non c'è verso di farci aprire dall'interno: se cominciassimo a gridare ne andrebbe di mezzo il nostro orgoglio (ma ve l'immaginate la scena?). "Siamo proprio due grulli - esclama il Pigna - e ora come sì fà?". "Secondo te - rispondo - resistiamo fino a domani?". Per un istante ci guardiamo e non c'è bisogno di parole. La vicenda può essere raccontata ora, per fortuna, solo perchè la porta, messa alle strette, non oppone troppe resistenza. Salvi per miracolo.

Nell'anticamera sono stati lasciati scarponi ed indumenti vari ed il cattivo odore ha saturato tutto l'ambiente. Da che il gestore poi ha acceso la stufa gli afrori si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Qualcuno, assolutamente incredulo del fatto che gli esseri umani possano arrivare a puzzare tanto, sbircia disperatamente per ogni dove  convinto di ritrovare prima o poi la carcassa putrefatta di una capra bagnata. Ma la ricerca non dà risultati.

Riprende a piovere con violenza, e al calduccio sotto le coperte, Maurizio ci legge l'ultimo capitolo della saga dei Valdesi.

Al mattino la sveglia suona molto presto, ma stranamente nessuno si leva dal letto. La nostra guida si è resa conto che non si può partire con questo tempo e dunque ha lasciato che riposassimo ancora. Con molta calma facciamo colazione e ci prepariamo per l'eventualità che il meteo migliori. Verso le 10.00 finalmente le condizioni climatiche ci consentono di muoverci. Oggi ci attende la seconda tappa più impegnativa del viaggio: 7h. di cammino con 450 mentri di dislivello in salita e ben 1.600 in discesa. Tipo quella mitica percorsa dal Profeta l'anno scorso in Val Maira ("Ah Profè, ma che c'hai le ginocchia d'acciaio?" - frase di Valerio da Roma, riportata nei manuali di trekking).

Il nostro percorso si sviluppa inizialmente su continui saliscendi che ci consentono di restare sempre in quota. Quando dopo un paio d'ore di marcia raggiungiamo il monte Giulian (2.547) comincia la discesa verso valle. Spesso avvistiamo rapaci che volteggiano nel cielo, ma l'incontro più spettacolare, anche se a parecchia distanza, è quello che facciamo con un bellissimo camoscio. Durante una pausa io e il Pigna ci facciamo fotografare dal basso verso l'alto attaccati ad una roccia, fingendo di essere impegnati nella scalata di una parete verticale. Il gruppo ride a buona ragione.

La breve sosta pranzo la facciamo presso delle bergerie diroccate, elette a zona di ricovero dalle vacche che pascolano su questi crinali. C'è merda ovunque, ma nel caso dovesse caderci il cielo addosso almeno potremmo trovare subito riparo.

Nel pomeriggio il tempo cambia ancora: tuoni poderosi e lampi abbaglianti ci inseguono per lunghi tratti e solo per fortuna riusciamo ad evitare che la bufera si avventi su di noi. Poi d'improvviso Maurizio urla: "Eccolo, lo vedete? Laggiù?". Il gruppo si ferma e, voltandosi nella direzione indicata dalla nostra guida, si trova davanti allo spettacolo del Monviso, solitario e maestoso, avvolto in basso dalle nubi, ma ben visibile nella sua parte superiore a forma di cuneo rovesciato. E' una visione da sogno, quasi dantesca: le nuvole e la nebbia cominciano a ricoprire tutto, ci avvolgono con quel profumo di umidità spessa e greve e tutto scolora in una indefinita tonalità di grigio che ci smarrisce.  Non c'è tempo da perdere: si scende a gran ritmo.

Man mano che scendiamo la vegetazione si infittisce e quando cominciano a comparire le prime conifere la meta non è più molto lontana. Nel primo pomeriggio raggiungiamo Villanova (1.223). La stanchezza si fa sentire, ma la nostra destinazione è 5 km. più a valle. Dobbiamo raggiungere Bobbio Pellice. Maurizio non si perde d'animo ed aiutato da Alessandro riesce a spuntare un passaggio in auto per ognuno di noi: fantastico.

Dopo una breve sosta presso un bar, Maurizio insiste per portarci a vedere il monumento a Sabaud. Nessuno ne ha voglia, ma ci dispiace deludere la nostra guida. Passiamo davanti ad una costruzione a forma di tempio e ne restiamo ammirati pensando di aver raggiunto l'obiettivo. In realtà non siamo che di fronte una struttura dell'acquedotto comunale. L'obelisco si trova in cima ad una lunghissima salita che si sviluppa all'interno di un bosco intricato pieno di piante d'ortica. Andiamo su a forza di sbuffi e lamenti. Quando lo raggiungiamo non abbiamo che la forza di buttarci ai piedi del monumento giusto per il tempo di una foto.  E' forse la visita culturale più veloce mai fatta al mondo: in breve siamo già nella piazza di Bobbio.

Mentre ci prepariamo per raggiungere il nostro posto tappa, il Pigna si avvicina ed indicandomi un gracile ed indifeso vecchino che vende del miele, mi spara un'altra delle sue goliardate: "dai, alleggeriamo de il miele quel rintronato!". La frase è di una cattiveria talmente esagerata da risultare altamente comica: non mi trattengo ed infatti mi butto via dal ridere.

Durante l'ultima camminata per raggiungere la scuola rurale che ci ospiterà questa notte incrociamo delle persone che ci guardano incuriosite: un gruppo così numeroso e affardellato non lo si è mai visto da queste parti. Maurizio dice: "dai, parlate in tedesco così s'incazzano!". Al che io dò subito fondo a tutte le mie conoscenze della lingua teutenica: "Keine gegenstaend aus dem fenster werfen!". Alessandro da Rovereto scoppia subito a ridere perchè, conoscendo il tedesco, si è reso conto che la mia frase è quella classica che si legge sui treni e significa "non buttare alcun oggetto dal finestrino". Nel frattempo alle nostre spalle si sente nitidamente: "crucchi del ca..o!".

Il pomeriggio trascorre nella quiete del giardino della scuola: la stanchezza ci induce ancor più a rallentare i ritmi. Per fare la doccia tutti passano più di due ore. Elettra batte ogni record e quando qualcuno dice: "sì, ma andate a chiamarla: non starà mica male?". Alessandro replica prontamente: "no, ma che chiamarla? Elettra ha sempre avuto i suoi tempi! Lasciatela fare, sennò si agita e ci mette de più!". Poco prima di cena vediamo Piero e Renato che armeggiano con una branda nell'intento di spostarla nel caseggiato adiacente alla scuola. Il Pigna commenta la scena: "ma povero Piero, i che ti fanno fare? Do tu la porti sta branda?". "Madonna se la pesa sta materassa - risponde Piero - un c'è verso di sollevarla. L'è Renato che vole dormire da solo!". Quando alla fine stiamo per uscire il Pigna si accorge dell'accaduto: "indò l'è il mi letto? Dai ragazzi, un fate i grulli!". Renato capisce subito di aver fatto una stronzata: "quale letto? Ma che era il tuo? Non c'era su mica niente, sai?". "Oh Renato - risponde Pigna - ma che m'hai fregato il letto? Maremma cane, un ti poi distrarre un secondo che ti portan via tutto!". Fortunatamente in un cantuccio è rimasta una piccola brandina. Certo per le dimensioni del Pigna è piuttosto piccina, ma in fondo domani si torna a casa: è l'ultimo sacrificio. Chiudendo la porta della scuola leggo il regolamento affisso. Tra le altre indicazioni c'è n'è una piuttosto bizzarra: "non utilizzare i materassi". Mi confronto con i compagni e non trovando una ragione a tale divieto ne inventiamo una plausibile e l'aggiungiamo a penna: "....che ce sò li bacherozzi!".

E' l'ultima cena che facciamo insieme: Maurizio è insolitamente silenzioso. Forse sta già pensando al prossimo impegno che l'attende in Val Maira o forse è un po' triste al pensiero di lasciarci. In ogni caso è tutto il gruppo che respira un po' di malinconia. Per fortuna a cavarci dagli impicci ci pensa ancora il Pigna dando sfogo ai suoi ricordi della Firenze fine anni '70 ed al cinema "Universale" in particolare, luogo in cui più che per vedere film ci si ritrovava per fare baldoria. Un esempio per tutti: lo scopo di ogni spettatore era quello di pronunciare la frase di commento più brillante alle scene della pellicola, di modo tale da riscuotere l'applauso a scena aperta da parte di tutta la platea.

Al mattino ci si sveglia sul presto: dobbiamo prendere il pullman delle 8.30. In pochi minuti di strada raggiungiamo l'ultima tappa del nostro viaggio, Torre Pellice. Questi è un paesino di poco più di 4 mila abitanti ed è considerato il principale centro del valdismo in Italia. Qui avvenne il famoso giuramento del 1689 in cui le comunità valdesi si impegnarono a mantenere "l'unione e l'ordine fino all'ultima goccia del nostro sangue". Dopo un breve giro turistico ed una rapida visita alla libreria claudiana, ci incontriamo con un ragazzotto del posto che ci farà da Cicerone sia per il tempio che per il museo valdese. La sua preparazione e la sua capacità espositiva saranno molto apprezzate dal gruppo, tanto che durante tutta la durata della visita si conteranno solo tre sbadigli. Un vero record. Il Pigna, Elettra ed io, in uno dei rari momenti di stanca del giro culturale ci concediamo alcune foto buffe con i personaggi rappresentati nel museo: la più significativa accanto ad un osceno pupazzo marrone, tutto intabarrato (senza n'è occhi, n'è bocca, n'è naso: senza niente insomma) che dovrebbe rappresentare un amanuense. Boh!

Diego e David hanno lasciato il loro zaino sulle scale del museo. Hanno deciso di partire subito. Il Pigna uscendo qualche istante prima corre a nasconderne uno. Quando David si accorge che manca il suo comincia a urlacchiare: "oh ragazzi, un facciamo scherzi! C'ho furia: fuori lo zaino. Veloci, un mi fate ingrullire!". Vedendo l'agitazione del nostro compagno lo scherzo finisce subito con qualche risata.

Lasciati i nostri due compagni, decidiamo di mangiare un boccone velocemente. Prima di dirigerci anche noi verso la stazione però ci sediamo ai tavolini di un bar per un ultimo caffè tutti insieme. Nell'attesa Alessandro e Roberta si recano in un'enoteca poco distante e comprano una bottiglia di Bernard Serpoul per la nostra guida. La consegna del dono è una sorta di ringraziamento collettivo per tutto ciò che Maurizio ha fatto per noi, sia come professionista che come uomo. E' un momento commovente che tira un po' le fila di questo bel viaggio. Come sempre a trarci d'impaccio arriva il Pigna: "caro Maurizio, la si è firmata, non tanto perchè tu ti ricordi di noi, quanto perchè sennò tu te la rivendi!".

E' giunta l'ora di congedarsi da Maurizio ed Alessandro da Rovereto che hanno entrambi l'auto qui. I saluti sono calorosi, ma rapidi: tra breve giungerà il treno che porterà noialtri a Torino. Il Pigna, che si è attardato, tira l'ultima stoccata a Maurizio fingendo un saluto estremamente distaccato: "si, ciao Maurizio. Ci si vede!" e si incammina quasi correndo verso la stazione. Con una risata, torna indietro e lo abbraccia fraternamente, dandogli appuntamento al prossimo trekking. In quell'abbraccio c'è forse tutta l'essenza di questa bella avventura.

Giunti a Torino ci si saluta nella confusione della stazione ed ognuno segue la via del proprio ritorno. Il Pigna ed io ci prendiamo ancora un po' di tempo. Così come per l'andata ci rechiamo ad un bar in corso Roma e ci gustiamo una bella birra ghiacciata. Siamo entrambi soddisfatti di questo viaggio, soprattutto perchè ha mantenuto le nostre aspettative. Le ultime considerazioni del mio amico sono rivolte al futuro, a come cambierà la vita con l'arrivo di Viola, la sua bimba che nascerà a gennaio. Per un momento il Pigna diventa serio, silenzioso. Chissà quali pensieri si affastellano nella sua testa. Un attimo dopo però  i lineamenti del suo volto si sciolgono in un sorriso di felicità. Ed io sono felice con lui.

 

Alla prossima

 

                                                                                              Luigi d'Ausilio

                                                                                         (Yanez Novelli Cioni

                                                                                            da Lamporecchio)